ARTURO SOPRANO: “DEDICO LA MIA NOMINA A PRESIDENTE DELLA CORTE D’APPELLO DI TORINO A MIO PADRE CESARE”
Pubblico di seguito, con immenso piacere, la nota – che leggo, commosso, come un vero e proprio atto d’amore per la sua terra – inviatami dal neo Presidente della Corte d’Appello di Torino Arturo Soprano, all’indomani della prestigiosa nomina. All’Amico, prima ancora che al Giudice, le più vive congratulazioni per l’importante incarico che si appresta ad assumere.
(ra.na.)
Gentilissimo Direttore, caro Raffaele,
sono onorato delle cortesi espressioni che il Suo giornale e l’autrice dell’articolo “il Magistrato nolano…”, dr. Autilia Napolitano, hanno voluto dedicarmi in occasione della mia recente nomina a Presidente della Corte di Appello di Torino.
Sono, tra l’altro, felicissimo che l’evento abbia offerto al Suo giornale l’occasione per ricordare, ancora una volta, con generosa ammirazione e affetto, mio padre, Cesare Soprano, al quale dedico la mia recente nomina, certamente frutto del suo insegnamento e amore per lo studio, per il lavoro, per la famiglia e per la legalità e, cioè, per tutto ciò che – di là dall’effimero, dalle ricchezze materiali, dalla vanagloria, destinati a durare lo spazio di un mattino – è destinato a permanere nel tempo.
Sono altresì grato all’Avv. Geremia Biancardi, illustre Sindaco della nostra Città, da sempre attento alle vicende di Nola e dei suoi figli e della mia famiglia, per gli auguri, cordiali e graditissimi che, tramite il Suo blog, ha voluto inviarmi per una nomina che, per evidente cortesia, ha voluto definire “occasione di orgoglio” per la nostra cara Città.
Ho un solo rammarico poiché, questa volta, il tempo non è stato, con me, galantuomo.
Soltanto per pochi mesi, la recente scomparsa di mio padre, mi ha impedito di comunicargli una notizia che lo avrebbe colmato di gioia e che – ne sono certo – da quel suo balconcino che affaccia su via Giordano Bruno, fronteggiante il Palazzo comunale, avrebbe gridato ai giovani avvocati e ai suoi amici diretti verso il Tribunale.
Caro Direttore, l’immagine di mio padre affacciato a quel balconcino mi è particolarmente cara e La ringrazio, ancora una volta, per avere voluto amorevolmente pubblicarla sul Suo giornale.
Ma qui mi fermo, essendo evidente il rischio di diventare “giulebboso”, come mi avrebbe detto certamente mio padre, così poco incline, nella Sua fiera dignità, a espressioni sdolcinate.
Mi consenta, comunque, di terminare questa mia lettera (certamente “fuori tema”, come avrebbero commentato e sottolineato in blu i miei austeri, autorevoli e sapienti professori del prestigioso Liceo Carducci di Nola, il prof. Franco Trifuoggi e il prof. Giuseppe Vaiano) ricordando nuovamente mio padre, immaginandolo ancora una volta con il capo chino sulla scrivania del suo studio di Nola (la stanza che è stata amorevolmente definita la sua casa-studio), intento a scrivere a mano – come faceva ogni giorno e fino a poche ore prima della sua scomparsa – un foglio di carta protocollo: non si tratta, però, questa volta, della solita citazione o della consueta comparsa conclusionale, ma di una lettera a me indirizzata con la quale mi ricorda che sono figlio di Nola e che anche alla mia Città, che mi ha formato, devo gratitudine per la mia attività professionale.
A mio padre, risoluto difensore della legalità, “caduto” mentre svolgeva (ancora) il suo indispensabile lavoro, con civile passione, nell’assoluto rispetto delle regole democratiche del nostro Paese, in obbedienza alle Leggi dello Stato, dedico la frase di Simonide di Ceo, nel testo riscritto in latino, con più accorati toni, da Cicerone nelle sue Tusculanae Disputae: “Dic, hospes, Spartae, nos te hic vidisse iacentes dum sanctis patriae legibus obsequimur” [Straniero, annuncia a Sparta (a NOLA – nde) che noi qui morimmo, in obbedienza alle sue leggi sacre] Termopili – Anno 480 A.C. In ricordo degli spartani caduti, fino all’ultimo uomo, per bloccare la strada e difendere, quindi, Sparta e la sua civiltà dagli invasori persiani.
di Arturo Soprano
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